La rilevazione dei consumi mediante contatore: malfunzionamento e ripartizione dell’onere della prova

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Con l’ordinanza n. 7045/2018, pubblicata in data 21 marzo 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla ripartizione dell’onere della prova tra l’utente e l’azienda fornitrice di energia elettrica, nel caso di contestazione da parte del primo dell’eccessività dei consumi rilevati dal contatore.

Secondo i Giudici di legittimità, nei contratti di somministrazione la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità e, pertanto, nel caso di contestazione è onere dell’utente fornire la prova che l’eccessività dei consumi è da imputare a fattori esterni al suo controllo.

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Per i casi di contenziosi insorti con le compagnie fornitrici di energia elettrica derivanti da un’erronea rilevazione dei consumi indicati in bolletta, imputabili a malfunzionamento del contatore, è importante conoscere qual è l’onere della prova a carico dell’utente e quello a carico del fornitore.

Secondo la Suprema Corte, che richiama un principio già affermato in precedenza (Cass. n. 23699/2016), “in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi”.

In caso di contestazione della fattura da parte dell’utente, pertanto, grava sulla società di somministrazione la prova sia della corrispondenza tra il dato rilevato e quello indicato in fattura, sia del corretto funzionamento del contatore; al soggetto somministrato, invece, spetta dimostrare in giudizio con qualsiasi prova – anche solo presuntiva o orale mediante testi – di aver avuto un consumo inferiore a quello documentato nella fattura ed attestato dal contatore, dovendosi attribuire alla rilevazione dei consumi tramite contatore il valore di mera presunzione semplice di veridicità.

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Nello specifico, l’ordinanza in questione ha per oggetto il ricorso di un utente che in primo grado era stato condannato dal Giudice di Pace al pagamento di una somma da lui ritenuta incongrua per eccessività dei consumi rilevati (condanna dell’utente al pagamento in favore dell’azienda fornitrice di energia elettrica della somma di Euro 1.000,00= quale corrispettivo equitativamente determinato per il consumo relativo ad un periodo di circa due anni e mezzo).

Nel caso sottoposto all’esame di legittimità della Corte, quest’ultima ha poi confermato la sentenza d’appello impugnata dall’utente (in sede di appello il Tribunale, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva condannato l’utente al pagamento della minor somma di Euro 748,26= con compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio), affermando che con essa il giudice aveva ritenuto provati i consumi effettivi di energia elettrica indicati nella fattura prodotta dallo stesso utente, in assenza di specifica e congrua contestazione, da parte di quest’ultimo, sia dei dati relativi ai consumi, sia del funzionamento del misuratore, essendo guasto solo il display dello strumento, utile a consentire la lettura immediata dei consumi.

L’utente aveva quindi proposto ricorso per Cassazione denunciando, tra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2697 Cod. Civ. per aver il Tribunale violato le regole di riparto dell’onere della prova ritenendo, erroneamente, assolto quello della società convenuta in base a fatture che erano anche state contestate.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile, in quanto:

– la sentenza impugnata ha ritenuto provati i consumi effettivi di energia elettrica indicati nella fattura prodotta dallo stesso utente in assenza di specifica e congrua contestazione da parte di quest’ultimo, sia dei dati relativi ai consumi, sia del funzionamento della relativa rilevazione da parte del misuratore funzionante, essendo guasto solo il display dello strumento, volto a consentire la lettura immediata dei consumi stessi;

– il giudice di merito si è conformato al principio di diritto secondo il quale in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi.

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In allegato il testo dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7045/2018, pubblicata in data 21 marzo 2018.

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